Lo

 Scempio

dell'AREA

 SIECI

  Il Passato 

come

Futuro

Valerio Professione

Politica

Arci

Gilda Iniz. Pop. Le SIECI Il Parco Family Primavera

       Le Mani sulle SIECI

 La storia delle SIECI (molto simile per molti aspetti a quella del Centro Storico con il Castello Baronale) è emblematica perchè ha consentito e consente una netta separazione tra una concezione socio-politica tesa soprattutto alla speculazione, al profitto e alla devastazione delle identità culturali e una concezione di sviluppo socio-economico programmato e sostenibile, compatibile con la propria identità culturale e con le risorse naturali e paesaggistiche di Scauri e, ancor più, di Minturno nella sua interezza. Non a caso un illustre dirigente politico in un impulso di sincerità ebbe a dire in Consiglio Comunale a nome della parte politica che rappresentava "Noi siamo per l'ignoranza dei popoli" . E' questo il punto.

   La data scelta per illustrare brevemente la ormai secolare storia delle SIECI è il 9 ottobre del 1982, ovvero data della dichiarazione di fallimento dell'azienda SIECI spa.

Prima di tale data vi sarebbero da sottolineare l'attività di una fabbrica che a fine 800' già esportava i laterizi prodotti in tutto il mondo, caricando i velieri che approdavano sul tratto di litorale posto innazi alla fabbrica medesima untilizzando un lungo pontile di legno. E questo per tantissimi lustri a seguire. Basti pensare che la prima guida turistica del TCI edita nel 1928 così descriveva Scauri nel percorso, che seguendo l'Appia, va da Roma a Napoli: "si discende con un lungo rettilineo scorgendo subito a destra la piccola e bella insenatura di Scauri guardata dalla Torre omonima. Si susseguono parecchi opifici, alcuni importanti, per la lavorazione dei laterizi. Attorno al porto di Scauri si è andato formando un piccolo quartiere industriale con costruzioni mederne e di dell'aspetto". In sostanza Scauri era caratterizzata come  fiorente borgo industriale con le sue tre fabbriche di laterizi oltre ad una  ridente località balneare. Ed è stata questa per moltissimi anni la base della sua identitò culturale. 

 Infatti, le ricerche svolte dal Prof. Santuccio Concetto dell'Università La Sapienza di Roma a  partire dal 1988 hanno dimostrano come le SIECI e le altre due fabbriche producevano sicuramente già nel 1886 . In sostanza Scauri era un fiorente borgo industriale quando al nord Italia di industrie c’era solamente quella tessile e la FIAT non era stata ancora concepita. Non è poco. Ed è anche questo che fa delle SIECI un importante sito nazionale di archeologia industriale e ancor di più come elemento di valutazione storica della nota "questione meridionale".

  Quando è accaduto per le SIECI è un esempio di quando accaduto anche per le altre frazioni: oggi, dopo tanti anni di "gestione della cosa pubblica" senza un'idea di citta e dopo aver quasi completamente distrutto ogni indentità culturale, come caratterizzereste le singole frazioni di Traetto, Scauri, Tufo, Pulcherini, S.Maria e Marina di Minturno? E quale futuro immaginate per esse? 

 Ma torniamo alle SIECI. L’eco del fallimento raggiunse la comunità segnata dalle vicende delle  fornaci SIECI già da molti anni, basta ricordare lo sciopero studenti-operai che fu indetto nel 1971 con il corteo che partì proprio dalle SIECI e sfilò sull’Appia fino a piazza Rotelli con conseguente occupazione della fabbrica (vedi volantino della manifestazione) non chè le varie vertenze tra operai e società curate dalla CGIL.

 Il  15/12/1982 come gruppo consiliare del PCI proponemmo una mozione per l'acquisizione dell'intera Area SIECI con un contributo di Provinica e Regione.Ovviamente ci risposero picche! Anche se qualche anno dopo furono costretti a rimangiarsi il diniego.

 Il Cav. Severino del Balzo Presidente della Provincia, infatti, dovette darsi da fare per far concedere dalla Provincia un contributo per il suo acquisto e il Prof. Antonio Signore, astro nascente della politica locale e del PSI, dovette impegnarsi insieme al Consigliere del PCI Pietro Vitelli (e bene fecero) per una legge regionale finalizzata al recupero conservativo dell'Area SIECI.

 Infatti, nel gennaio del 1983 il  Circolo Arci "F.Parri"  richiamò l’attenzione sul tema SIECI con un manifesto  (avente titolo  NON VEDO, NON SENTO E NON PARLO  accompagnato da tre scimmiette che mimavano in posa il titolo.  Le tre scimmiette altri non erano che i partiti della maggioranza che al tempo governavano il Comune di Minturno. Per inciso: il titolo fu una trovata geniale del Compagno Romolo Caldieri). Il manifesto oltre ad informare la cittadinanza del fallimento, richiamava l’attenzione sia sulla possibilità non remota ma sempre attuale che l’area SIECI potesse finire in mano a speculatori dell’edilizia con la distruzione del manufatto che rappresentava un pezzo di storia operaia e imprenditoriale di Scauri e del Meridione, sia dell'avviata petizione popolare per chiedere l'acquisizione delle SIECI a patrimonio pubblico.

Come responsabile dell’ARCI Sud Pontino ne informai il compagno Ciccolella dirigente della CGIL che, andato in pensione, stava organizzando un circolo  ARCI per il ballo a Formia.

Amici e Compagni si mobilitarono  e il 27 gennaio 1982 nella sede del Circolo Arci “F.Parri”  firmarono la petizione: l'ASSOCIAZIONE CALCIO DINAMO SCAURI, C.P.T.M. Latina Presidente Cassetta Benedetto, la Società Sportiva Calcio Marina Club, l'U.S.A. Scauri Presidente Sorgente Pietro, il Circolo Culturale “F.Parri”, l'Arci Zona Sud Pontino, la Cestistica Scauri, l'Associazione Stabilimenti Balneari, il Comitato Parrocchiale S.S. Immacolata e la Società Sportiva Scauri.

La petizione chiedeva di convocare d’urgenza il Consiglio Comunale per deliberare  l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area SIECI chiedendo contributi a Provincia e Regione e se tali contributi non fossero stati sufficienti di avviare una sottoscrizione tra i cittadini di Scauri. (La dettagliata proposta con le varie ipotesi per l'acquisizione era stata predisposta dal compagno Ciccio Sparagna).

Nel consiglio Comunale  del 24 febbraio 1983 si giunse, anche con il contributo della Provicia, ad acquisire la quasi totalità dei beni della società le SIECI  (mancano alcuni lotti venduti a privati sui due lati dell’are SIECI e alcuni  siti sulle colline di Scauri) per una cifra poco inferiore ad un miliardo di lire (pari a circa 20.000 lire a mq, meno del costo di esproprio per pubblica utilità. se si tiene vonto della volumetria di 50.000 mg).

La somma spesa è stata ampiamente ammortizzata, basti pensare  solamente all’incasso  dei diritti dovuti dai commercianti che occupano il piazzale delle SIECI durante il mercato (facendo conto che non vi siano abusivi ) a cui si aggiungerà l'incasso proveniente dai parcheggi a pagamento nel piazzale SIECI. Entrambe, comunque, vergognose destinazioni.

 Restava però da reperire i fondi per una completa ristrutturazione delle SIECI e un uso dell’area e delle strutture che potessero essere anche una risorsa per la collettività e degne della storia delle SIECI.

In merito si riuscì a ottenere un bando nazionale di idee, strada che per quanto autorevole non dava certezza sul risultato, soprattutto per i finanziamenti. 

Il caso volle che in un buon giorno dell’inverno del 1986 andando a comprare il giornale all’edicola posta sull’Appia di fronte al cancello di ingresso delle SIECI il giornalaio mi chiese se sapessi il motivo delle numerose persone che stavano operando, armati di macchine fotografiche e rolline metriche, all’interno dell’aera SIECI.

  Mi incamminai nell’area SIECI chiedendo al primo incontrato cosa facessero e mi fu risposto che erano studenti dell’Università di Roma e, in particolare, del corso di Composizione Architettonica della Facoltà di Architettura diretto dal Prof. Concetto Santuccio che li aveva coinvolti per uno studio di recupero di manufatti industriali e che le SIECI era tra questi, anzi era il più importante tra quelli scelti, non fosse altro perché si affacciava “con tutta la sua maestosità” direttamente sul mare. Lo capiva anche uno studente di Roma quanto fosse prezioso e importante il recupero dell’area e dei manufatti SIECI per un paese che avesse ambizioni turistiche e non banalmente “balneari”. Chiesi se si poteva avere un colloquio col Prof. Santuccio Concetto e mi rispose che non vi erano problemi indicandomi un signore alto e magro di simpatico aspetto che dava le direttive a studenti e, come scoprii subito dopo, anche a due ricercatori universitari.

Il colloquio fu per me un’ “Epifania”.  Mi presentai come segretario del PCI della locale sezione “Pio La Torre” e mi fu risposto  “onoratissimo  e piacere di trovare qualcuno che abbia onorato la memoria di Pio La Torre, sono anch’io siciliano” e cosi inizio la collaborazione con l’Università di Roma.

La collaborazione con il Prof.Concetto  Santuccio  portò ad un convegno sulle SIECI il 14 maggio 1988 in cui venne proposta una mostra fotografica sulle SIECI e vennero presentati i lavori di studio su possibili restauri dell’aera SIECI. Parteciparono al convegno illustri docenti fra cui il Prof.Giovanni Koenig dell’Università di Firenze 

Nel mese successivo proposi all’On. Vincenzo Recchia del PCI un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Ambiente e dei Beni Culturali. Nella risposta del Ministro si legge: “ Ritenendosi la predetta fabbrica un valido e interessante esempio di architettura ottocentesca, rappresentativa della prima età della rivoluzione industriale, al fine di non disperdere tale patrimonio culturale, sarà compito di questa soprintendenza rammentare all’Ente proprietario le disposizioni attinenti la salvaguardia del bene stesso; per l’eventuale riferimento a risorse finanziarie finalizzate al recupero di tale manufatto, la scrivente non mancherà di avviare contatti e collaborazioni con il Comune e con altre Amministrazioni interessate per l’inserimento dell’edificio in argomento in possibili piani di finanziamento nazionali.Sarà altresì cura di questo Ufficio fornire a codesto Ministero ulteriori informazioni negli eventuali sviluppi della questione in oggetto.

Nel frattempo le vicende politiche mi condussero a dare le dimmissioni da ogni incarico politico e dal PCI e a fondare il 22 novembre 1991 l’associazione “Gilda di S. Francesco” di cui ero Presidente. La Gilda di S. Francesco, produsse prima una pubblicazione sulle SIECI e, poi avvio una petizione che sosteneva  il recupero conservativo delle SIECI.  La petizione chiedeva al Prof. Santuccio di mettere a disposizione del Comune un progetto di recupero di massima e la documentazione per poter partecipare al bando CEE che prevedeva per l’anno in corso i contributi finalizzati al recupero del patrimonio archeologico industriale e al comune e al Ministero di fare tutto quanto in loro potere per accedere ai fondi CEE.

Il Consiglio Comunale, il 2/02/91 con una delibera addottata all’unanimità, faceva propria la proposta della petizione, ovvero approvava il progetto preliminare redatto dal Prof. Concetto Santuccio. Qualla seduta del Consiglio Comunale fu aperta anche ad interventi esterni e parteciparono numerosi cittadini e rappresentanti delle istituzioni tra questi ricordo Franco Meschino segretario della CGIL e l'On. Franco Compasso deputato della Regione Campania e tutti sotenitori del progetto CEE. Nel mio intervento sottolineai come dalla data di acquisto avevamo gia perso l'occasione di partecipare ai banidi CEE e FIO e che il 28 febbraio del 91 scadeva il termine per l'invio di progetti relativi all'archeologia industriale a Bruxeless. Ovviamente fu ancora un occasione perduta poichè l'Amministrazione avrebbe dovuto dare ufficialmente l'incarico per un progetto di massima al Prof. Santuccio (Figuratevi!)

Comunque, sull’onda del successo della petizione e dell’aumentata sensibilità cittadina nei confronti del tema SIECI spinse, comunque, i noti politicanti a mostrarsi prodighi  per non "restare indietro" e il 23 settembre 1991  la Regione Lazio approvò la legge n.58 sull'archeologia industriale che conteneva espressamente le procedure per attuare il recupero dell’area SIECI riconoscendone il valore quale progetto pilota (proposta di legge su iniziativa del Compagno Pietro Vitelli del PCI e di Antonio Signore del PSI).

Le SIECI avevano uno strumento legislativo per il recupero e un primo stanziamento di un miliardo di lire che si sarebbe reiterato negli anni successivi secondo le condizioni dettate dalla legge regionale medesima. Era comunque sempre   necessario arrivare ai finanziamenti europei se si voleva arrivare al totale recupero dell'area.

Chiunque si occupi con professionalità di lavori pubblici sa che ancor prima dei finanziamenti per realizzare l’opera pubblica e necessario stabilirne l’uso a cui affidare la manutenzione e l’utilizzo del bene per fare in modo che esso sia una risorsa per la collettività e non diventi, come spesso accade, un monumento allo spreco di pubbliche risorse.

Bisognava a questo punto, infatti, nominare un progettista al fine di avere un progetto generale che procedesse a stralci esecutivi  tali da utilizzare le risorse messe a disposizione dalla Regione annualmente e nel frattempo trovare importanti parteners per l’utilizzo dei 50.000 mq delle SIECI con i suoi 4 ettari di area libera da manufatti . E poiché alla maggioranza in carica non andava bene il solo prof.Santuccio si persero i primi mesi preziosi  per arrivare ad una lottizzazione delle nomine. Infatti vennero affiancati al Prof. Santuccio concetto il Prof. Del Bufalo Alessandro per il PRI, il Prof. Cianfranco Moneta per il PSI e il Prof. Antonio Paris per la DC, tutti docenti universitari.

E solamente dietro minaccia di sue dimissioni venne assegnato al Prof. Santuccio Concetto il ruolo di capogruppo e come tale unico referente dell’Amministrazione Comunale, per il progetto di recupero conservativo delle SIECI , e lo è ancora!

Il gruppo dei progettisti si mise al lavoro e produsse un primo progetto esecutivo di lavori urgenti di manutenzione straordinaria , come ad esempio, il rifacimento del tetto dell’edificio centrale e la sua messa in sicurezza dal punto di vista sismico e il recupero conservativo dei locali dove attualmente è situato il Circolo Anziani.

Nel frattempo vi erano state le elezioni amministrative che furono vinte dal primo sindaco eletto direttamente dal popolo: Vito Romano.

Nella Giunta Romano mi fu affidato l’incarico di assessore all’Urbanistica e alla Programmazione e mi diedi subito da fare in sintonia con il Sindaco e la Giunta e, in particolare, con l’amico Mimmo Ianniello che aveva la delega ai Lavori Pubblici, sia per portare avanti il progetto e i lavori di recupero sia per trovare parteners per l’utilizzazione dell’area SIECI.

Il 27 Gennaio 1994 fu approvato il preliminare di Convenzione con l'Università di Cassino per l'utilizzo delle SIECI come polo di studi. Furono anche approvati preliminari di intesa con il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

Per le destinazioni d'uso specifiche gli Enti sopracittati restavano in attesa del progetto esecutivo e, comunque, si dichiaravano disponibili a sostenere il progetto di recupero in tutte le sedi per i relativi finanziamenti.

Il 27 ottobre 1984 i progettisti consegnarono al Comune il progetto di massima dell'area SIECI che inviai personalmente alla regione Lazio per avere l'approvazione del Comitato Tecnico Regionale. Approvazione necessaria affinchè il progetto  fosse a sua volta approvato dal Comune (concessione Edilizia) e poi inviato nuovamente alla Regione per la definitiva approvazione da parte della Giunte Regionale per la previsione dei  finanziamenti di competenza 

  Il 19.12.1994 il Comitato Tecnico approva il progetto in tutte le sue parti per un totale di circa 28 miliardi di lire. Il 26.01.95 la Regione Lazio chiede l'approvazione di uno stralcio del progetto generale per impegnare la cifra di 1 miliardo per l'anno di competenza che venivano raddoppiati per il recupero del miliardo dell'anno precedente che ara stato mandato in perenzione dalla stessa regione e che doveva essere recuperato. Nel marzo 1995 la Giunta Romano decade e nel maggio 1995 la Gilda organizza un convegno per fare il punto sulle SIECI a cui partecipa anche il Rettore dell'Università di Cassino, Federico Rossi che avrà un incarico nel primo governo Prodi nell'ambito del ministero ai lavori pubblici.

Le SIECI avevano trovato gli alleati giusti, ma una volta caduta la Giunta Romano l'odata di restaurazioen si abbatte anche sulle SIECI.

Infatti sia l'approvazione del progetto generale sia quello dei singoli stralci non furono mai approvati dal Comune. Prima il Commissario e poi il Sindaco Paolo Graziano con il supporto dell'ufficio competente avanzarono motivi pretestuosi nei confronti dei progettisti per pervenire, in sostanza, all'abbandono del progetto di recupero dell'area SIECI e, quindi, per riaprire le porte a ipotizzate speculazioni. Come quella che sarà tentata con l'ISMEF.

Rimando al carteggio allegato ogni commento. Qui riproduco solamente la conclusione riportata nella nota del Prof. Concetto Santuccio: "E' Veramente strano che dopo aver procurato la messa in moto di tutta una serie di meccanismi da parte di autorità tutorie con spreco di energie di personale, di mezzi e di risorse pubbliche, il Sindaco di Minturno manifesta l'intenzione di respingere un progetto, oltretutto in assenza di un atto deliberativo".

Non era strano ma una scelta, quella antica, di cancellare l'aera SIECI dalla memoria storica mediande il degrado e l'abbandono per farne pretesto per possibili speculazioni.

Infatti se da un lato si respingeva l'operato dei progettisti non praticando l'attivazione della legge regionale dall'altro si consentivano interventi sull'area SIECI al di fuori del progetto generale di restauro  come, ad esempio, quello dell'ENTE Parco di Gianola e, peggio, la sistemazione di due antenne per la telefonia o ampliamenti del parcheggio.  Tutto in violazione della legge Regionale e i di quelle relative alla tutela paesaggistica e archeologica

Non ha caso giunge ad hoc l'Istituto Mediterraneo di Formazione Professionale Nautiche,  una ONLUS  a cui il Comune di Minturno cede gratuitamente l'area SIECI e l'utilizzo del Castello Baronale.

 A questa decisione si sono opposti nel 2007,  con una petizione organizzata dal compagno Ciccio Sparagna,  più di 2000 cittadini, ma la petizione non bastò  a far ritirare il provvedimento. Il miraggio propagandato dall'ISMEF di un investimento peri 10 milioni di euro accecava gli amministratori (e non solo) che in barba ad ogni norma e senza un'dea di Paese hanno provato a distruggere, ancora una volta, le SIECI.

La mia opinione era è resta quella che Le SIECI non sono più gestibili mediante una speculazione. L'unica strada è quella dell'attuazione della legge regionale, ovvero, del recupero conservativo. E' stato perso tempo, si sono rubati anche i discendenti di rame del tetto ristrutturato dell'edificio centrale, si è consentito l'uso dell'area sieci senza seguire il progetto generale approvato dalla Regione Lazio violando la legge regionale n.58/91 e arrivando, perfino, all'istallazione di ripetitori di telefonia all'interno dell'area archeologica. In sostanza le SIECI, come dicevo all'inizio, sono emblematiche della "gestione" dell'intero territorio Comunale.

E' possibile, comunque, la ripartenza dal punto dove le iniziative sono state abbandonate, certo con qualche idea nuova e qualche correzione, visto il tempo trascorso, ma per quello che mi riguarda prenderò ogni iniziativa possibile solamente quando sarò sicuro che il coinvolgimento di amici e compagni non sia vano, ovvero se sarò eletto SINDACO.

Fuori da questa prospettiva, come per chi ha seguito la strada dell'ISMEF, c'è, al momento, solamente  un futuro danno erariale, danno  paesaggistico e archeologico che prima o poi dovranno essere pagati. E comunque senza un'idea  futuribile delle SIECI e per l'intera città di Minturno.